La
stella mancante nella corona di Maria
“La misericordia immensa di Maria
– ha scritto san Giovanni Crisostomo – salva un gran numero di infelici
che, secondo le leggi della divina giustizia, andrebbero dannati.”
Sono tanti i
titoli che la pietà popolare, di pari passo al Magistero, ha tributato alla
S.Vergine attraverso i secoli; a cominciare dalle litanie, l’esempio più
conosciuto, o i dogmi proclamati fino al 1950 (esauritisi con l’Assunzione,
dolce realizzazione di quella prima profezia mariana: “tutte le generazioni mi chiameranno
beata”).
Questo coro di
venerazione e amore testimonia come ogni istante di vita della Madonna sia
stato santificato in modo impareggiabile, fin da prima della nascita, a motivo
della sua missione unica nella storia dell’umanità.
Solo il nostro
tempo, per quanto segnato dal proliferare di reali o presunte apparizioni
mariane, risulta così amaramente restio a riconoscere e proclamare solennemente
i trionfi di Maria. Prevedendo sicuramente questo “raffreddarsi della carità”
la S. Vergine è scesa, in un’apparizione particolare –Fatima –proprio per
chiedere che si stabilisse la devozione al suo Cuore Immacolato tramite una
Consacrazione solenne e generale e affidando una rivelazione segreta ancora
oggi avvolta dal mistero e dall’ostracismo clericale.
Il messaggio più
importante e consolante è però chiaro: “alla fine il mio Cuore Immacolato
trionferà”.[1]
Al momento, per
quanto si affannino in curia a rassicurare come Fatima si riferisse al
ventesimo secolo e sarebbe quindi superata[2], per quanto si continui pervicacemente ad ignorare le obiezioni di
molti illustri scrittori, giornalisti e anche di semplici fedeli di fronte alle
contraddizioni troppo palesi, anche un cieco potrebbe capire che siamo ben
lontani dal vedere questo “trionfo”. La Madre di Dio non mente, dunque
basterebbe questo dato per rendersi conto che la profezia è stata
prematuramente accantonata, come qualcosa di scomodo e fastidioso.
Oltre
all’urgenza di adempiere la consacrazione in modo scrupoloso,[3] senz’altro priorità assoluta essendo stata esplicitamente domandata
dalla Madonna, un’altra stella però brilla tristemente per la sua assenza nella
corona della Regina del Cielo: quella del dogma della Corredenzione.
Mala tempora currunt se
definire questa verità appare un “torto” che sminuirebbe, secondo certi
sedicenti teologi filo protestanti, la Redenzione del Figlio.
A questo
proposito conviene attenersi alla sicura posizione di schiere di santi che non
hanno mai mostrato un simile, assurdo “timore”. Potremmo citare dozzine di interventi
in questo senso giacché purtroppo non sono mai mancati questi “puristi” di
matrice luterana –ci accontentiamo di quella, lapidaria, di S. Massimiliano
Maria Kolbe: “ non
temete di amare troppo la Madonna, perché non arriverete mai ad amarla come
l’ha amata Gesù”.[4]
Purtroppo, così
come per il segreto di Fatima, neppure i Papi sono esenti da omissioni e
indecisioni: durante la fase preparatoria del Concilio Vaticano II ben 313
Vescovi avevano presentato questa petizione: “Doctrina mediationis universalis beatae Mariae Virginis
definiatur ut dogma fidei”. Purtroppo nell’assise
evidentemente la Madonna era di troppo due volte: in primis, nell’aver ignorato
la richiesta della Consacrazione e di rivelazione del segreto di Fatima, in
secondo luogo anche in questa mancata definizione. Non c’è da stupirsi troppo,
rifuggendo il Concilio Vaticano II espressamente per sua natura, questa via,
preferendogli quella della semplice “pastoralità”, deponendo, di fatto, la
massima autorevolezza.
Oltre alle obiezioni teologiche, un altro elemento “disturbante” che
forse ha ostacolato o quantomeno inquinato il dibattito, è costituito dalla
discussa apparizione, ad Amsterdam, di “Nostra Signora di tutti i popoli”, dal
1945, attualmente appoggiata dal Vescovo locale ma condannata nel 1974. Quest'
apparizione appare insolitamente benevola verso le aperture e le innovazioni,
soprattutto ammicca in modo ambiguo all’ecumenismo di stampo massonico dei
nostri tempi.
Nei messaggi di Amsterdam si preme insistentemente sulla proclamazione
del futuro quinto dogma mariano della Corredenzione e Mediazione universale di
Maria: è da sottolineare, tuttavia, come accanto a “profezie” avverate (ma
controverse nei tempi di comunicazione), convivano altre, non realizzatesi,
segnale non incoraggiante circa la natura divina.[5]
Questi fatti tuttora non limpidi, sommati alle reticenze progressiste,
hanno probabilmente creato un’“ombra” di eterodossia, oltre che di
“politicamente scorretto” circa un dogma che, nella sua essenza risulta
totalmente in linea con la tradizione cattolica.
E’ triste sottolineare come l’unico dogma del ventesimo secolo sia
stato quello relativamente “innocuo” dell’Assunzione, che anzi, poteva creare
simpatie presso gli ortodossi e dunque in un certo senso ecumenicamente non
sgradito.
La Corredenzione di Maria è un tema molto caro a santi
appassionatamente anti ecumenici come S. Massimiliano Maria Kolbe, fiero
avversario della massoneria e del relativismo religioso e in generale, come del
resto anche vari altri privilegi mariani, dei figli di S. Francesco.
Molti predicatori di detto ordine religioso durante il periodo della
controriforma arrivarono al cosiddetto “patto di sangue”, ossia al voto solenne
di difendere e proclamare a costo del sangue, il dogma ancora non ufficialmente
stabilito al culto universale, dell’Immacolata concezione e si dice che S.
Massimiliano abbia fatto lo stesso per quello della Corredenzione.
Non spetta naturalmente a questa sede né soprattutto a questa penna
stabilire i termini teologicamente più appropriati (ad esempio tra
Corredenzione e Mediazione ecc.), ma anche un semplice fedele può auspicare con
tutto il cuore di vedere esaltata la propria Madre.
Non è forse vero che Dio stesso ha voluto vincolare la venuta nel mondo
del proprio Figlio al “fiat” di questa donna “alta più che creatura”?
E’ altrettanto vero che quella stessa accettazione si è rinnovata sotto
la croce, a testimonianza di fedeltà imperitura, nella gioia come nel martirio
del cuore.
La sete che bruciava il Redentore durante l’agonia sul proprio trono
doloroso, era ardore di non sapere più cos’altro donare e consumare per
guadagnare anche solo un’altra anima. Ben sapeva, infatti, Gesù, che nonostante
quei patimenti inenarrabili, tante anime sarebbero corse ugualmente alla
perdizione. Di tutto si era spogliato ormai l’Uomo Dio: aveva offerto al
tormento fino all’ultimo brandello di carne e di anima. Eppure una cosa, gli
restava ancora: la Madre sua, incrollabile alla sua sequela, fino all’estremo.
Ecco, allora, che come un campione compie l’ultimo guizzo verso il trionfo,
l’opera redentiva in un certo senso consegna il testimone a lei, a Maria: sarà
la nostra Madre, non più di un Unigenito solamente, ma di tutta l’umanità. Una
sorta di prolungamento miracoloso dell’azione salvifica perché a Dio nulla è
impossibile: se crediamo che l’Eucarestia rinnovi misteriosamente la Passione
del Signore, non possiamo non contemplare il secondo abisso di misericordia:
Maria, Madre della Chiesa. I Padri hanno letto nel sangue e nell’acqua sgorgati
dal costato altre simbologie: nondimeno possono rammentarci questa consolante
verità, le due colonne a cui aggrapparci nella tempesta, come vide in sogno don
Bosco.
E a questa Madre deve tornare il nostro tempo, tempo in cui le
coscienze sono a tal segno annebbiate che non sanno quasi più distinguere il
bene dal male. A lei fu affidata la prima generazione di cristiani, a lei è
affidata in modo altrettanto speciale l’ultima, cosi come accudì il Figlio
nelle fasce da neonato e in quelle della salma senza vita. Alla sua
consacrazione, al suo onore, sono legate le sorti del mondo ad un passo dal
baratro: come un bambino che sa di aver commesso qualcosa di troppo grave, teme
lo sguardo del padre che immagina severo e irato, così noi pure ricusiamo la
conversione, ottenebrati dalla coscienza di una condotta troppo sporca. Solo
alla più tenera delle madri, tutta pietà e dolcezza, non è possibile sfuggire:
il suo cuore materno non può non inseguirci instancabile, fino a quando non ci
avrà messo al sicuro sotto il suo manto celeste.
Il figlio, infatti, riconosce d’istinto la propria madre, in modo
primordiale, senza l’ausilio di una particolare consapevolezza: “sa” che la
voce, l’odore che avverte sono quelli che lo hanno generato. Così anche
spiritualmente: perfino l’uomo più impantanato nel peccato, tanto da aver perso
la più elementare bussola verso la “diritta via”, avverte inconsciamente il
richiamo della propria Madre, Colei che si china su ogni fonte battesimale per
accogliere ogni novello cristiano. Neppure la peggiore delle corruzioni può
spezzare questo vincolo indissolubile: si è madri e figli per sempre, a
prescindere dal comportamento. La stessa Eva era ugualmente madre di Abele
(figura di Cristo) quanto di Caino (figura dei peccatori di tutti i tempi).
Possa il mondo vedere al più presto il giorno in cui non si temerà più
di togliere a Gesù qualcosa esaltando Maria. Possa venire, ancora una volta, la
salvezza dalla sua intercessione, dal suo guardare costantemente il cielo e nel
contempo tendere le mani alla terra, propiziando il renderli una cosa sola.
[1] Evidentemente la Madonna
prevedeva la futura “resistenza” alle richieste.
[2] Ma lo stesso Benedetto XVI ha
smentito questa teoria imbarazzante per l’intelligenza dei fedeli, in occasione
della sua visita a Fatima nel maggio del 2010 (
http://www.antoniosocci.com/2010/05/dunque-il-quarto-segreto-cera/ )
[3]Non essendo materia specifica di
questo scritto, si rimanda allo stringato ma esaustivo riepilogo seguente: http://www.fatima.org/it/essentials/opposed/coverupdisinfo.asp
[4]Per
una confutazione delle obiezioni al dogma di Maria
Corredentrice:http://www.preghiereagesuemaria.it/libri/maria%20corredentrice.htm
[5] Pensiamo alla morte di Pio XII,
occasione in cui la veggente viene altresì edotta circa il successore che
avrebbe dovuto proclamare il dogma.

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