martedì 25 giugno 2013

La stella mancante nella corona di Maria



“La misericordia immensa di Maria – ha scritto san Giovanni Crisostomo – salva un gran numero di infelici che, secondo le leggi della divina giustizia, andrebbero dannati.”

 

Sono tanti i titoli che la pietà popolare, di pari passo al Magistero, ha tributato alla S.Vergine attraverso i secoli; a cominciare dalle litanie, l’esempio più conosciuto, o i dogmi proclamati fino al 1950 (esauritisi con l’Assunzione, dolce realizzazione di quella prima profezia mariana: “tutte le generazioni mi chiameranno beata”).

Questo coro di venerazione e amore testimonia come ogni istante di vita della Madonna sia stato santificato in modo impareggiabile, fin da prima della nascita, a motivo della sua missione unica nella storia dell’umanità.

Solo il nostro tempo, per quanto segnato dal proliferare di reali o presunte apparizioni mariane, risulta così amaramente restio a riconoscere e proclamare solennemente i trionfi di Maria. Prevedendo sicuramente questo “raffreddarsi della carità” la S. Vergine è scesa, in un’apparizione particolare –Fatima –proprio per chiedere che si stabilisse la devozione al suo Cuore Immacolato tramite una Consacrazione solenne e generale e affidando una rivelazione segreta ancora oggi avvolta dal mistero e dall’ostracismo clericale.

Il messaggio più importante e consolante è però chiaro: “alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà”.[1]

Al momento, per quanto si affannino in curia a rassicurare come Fatima si riferisse al ventesimo secolo e sarebbe quindi superata[2], per quanto si continui pervicacemente ad ignorare le obiezioni di molti illustri scrittori, giornalisti e anche di semplici fedeli di fronte alle contraddizioni troppo palesi, anche un cieco potrebbe capire che siamo ben lontani dal vedere questo “trionfo”. La Madre di Dio non mente, dunque basterebbe questo dato per rendersi conto che la profezia è stata prematuramente accantonata, come qualcosa di scomodo e fastidioso.

Oltre all’urgenza di adempiere la consacrazione in modo scrupoloso,[3] senz’altro priorità assoluta essendo stata esplicitamente domandata dalla Madonna, un’altra stella però brilla tristemente per la sua assenza nella corona della Regina del Cielo: quella del dogma della Corredenzione.

Mala tempora currunt se definire questa verità appare un “torto” che sminuirebbe, secondo certi sedicenti teologi filo protestanti, la Redenzione del Figlio.

A questo proposito conviene attenersi alla sicura posizione di schiere di santi che non hanno mai mostrato un simile, assurdo “timore”. Potremmo citare dozzine di interventi in questo senso giacché purtroppo non sono mai mancati questi “puristi” di matrice luterana –ci accontentiamo di quella, lapidaria, di S. Massimiliano Maria Kolbe: “ non temete di amare troppo la Madonna, perché non arriverete mai ad amarla come l’ha amata Gesù”.[4]

Purtroppo, così come per il segreto di Fatima, neppure i Papi sono esenti da omissioni e indecisioni: durante la fase preparatoria del Concilio Vaticano II ben 313 Vescovi avevano presentato questa petizione: “Doctrina mediationis universalis beatae Mariae Virginis definiatur ut dogma fidei”. Purtroppo nell’assise evidentemente la Madonna era di troppo due volte: in primis, nell’aver ignorato la richiesta della Consacrazione e di rivelazione del segreto di Fatima, in secondo luogo anche in questa mancata definizione. Non c’è da stupirsi troppo, rifuggendo il Concilio Vaticano II espressamente per sua natura, questa via, preferendogli quella della semplice “pastoralità”, deponendo, di fatto, la massima autorevolezza.

Oltre alle obiezioni teologiche, un altro elemento “disturbante” che forse ha ostacolato o quantomeno inquinato il dibattito, è costituito dalla discussa apparizione, ad Amsterdam, di “Nostra Signora di tutti i popoli”, dal 1945, attualmente appoggiata dal Vescovo locale ma condannata nel 1974. Quest' apparizione appare insolitamente benevola verso le aperture e le innovazioni, soprattutto ammicca in modo ambiguo all’ecumenismo di stampo massonico dei nostri tempi.

Nei messaggi di Amsterdam si preme insistentemente sulla proclamazione del futuro quinto dogma mariano della Corredenzione e Mediazione universale di Maria: è da sottolineare, tuttavia, come accanto a “profezie” avverate (ma controverse nei tempi di comunicazione), convivano altre, non realizzatesi, segnale non incoraggiante circa la natura divina.[5]

Questi fatti tuttora non limpidi, sommati alle reticenze progressiste, hanno probabilmente creato un’“ombra” di eterodossia, oltre che di “politicamente scorretto” circa un dogma che, nella sua essenza risulta totalmente in linea con la tradizione cattolica.

E’ triste sottolineare come l’unico dogma del ventesimo secolo sia stato quello relativamente “innocuo” dell’Assunzione, che anzi, poteva creare simpatie presso gli ortodossi e dunque in un certo senso ecumenicamente non sgradito.

La Corredenzione di Maria è un tema molto caro a santi appassionatamente anti ecumenici come S. Massimiliano Maria Kolbe, fiero avversario della massoneria e del relativismo religioso e in generale, come del resto anche vari altri privilegi mariani, dei figli di S. Francesco.

Molti predicatori di detto ordine religioso durante il periodo della controriforma arrivarono al cosiddetto “patto di sangue”, ossia al voto solenne di difendere e proclamare a costo del sangue, il dogma ancora non ufficialmente stabilito al culto universale, dell’Immacolata concezione e si dice che S. Massimiliano abbia fatto lo stesso per quello della Corredenzione.

Non spetta naturalmente a questa sede né soprattutto a questa penna stabilire i termini teologicamente più appropriati (ad esempio tra Corredenzione e Mediazione ecc.), ma anche un semplice fedele può auspicare con tutto il cuore di vedere esaltata la propria Madre.

Non è forse vero che Dio stesso ha voluto vincolare la venuta nel mondo del proprio Figlio al “fiat” di questa donna “alta più che creatura”?

E’ altrettanto vero che quella stessa accettazione si è rinnovata sotto la croce, a testimonianza di fedeltà imperitura, nella gioia come nel martirio del cuore.

La sete che bruciava il Redentore durante l’agonia sul proprio trono doloroso, era ardore di non sapere più cos’altro donare e consumare per guadagnare anche solo un’altra anima. Ben sapeva, infatti, Gesù, che nonostante quei patimenti inenarrabili, tante anime sarebbero corse ugualmente alla perdizione. Di tutto si era spogliato ormai l’Uomo Dio: aveva offerto al tormento fino all’ultimo brandello di carne e di anima. Eppure una cosa, gli restava ancora: la Madre sua, incrollabile alla sua sequela, fino all’estremo. Ecco, allora, che come un campione compie l’ultimo guizzo verso il trionfo, l’opera redentiva in un certo senso consegna il testimone a lei, a Maria: sarà la nostra Madre, non più di un Unigenito solamente, ma di tutta l’umanità. Una sorta di prolungamento miracoloso dell’azione salvifica perché a Dio nulla è impossibile: se crediamo che l’Eucarestia rinnovi misteriosamente la Passione del Signore, non possiamo non contemplare il secondo abisso di misericordia: Maria, Madre della Chiesa. I Padri hanno letto nel sangue e nell’acqua sgorgati dal costato altre simbologie: nondimeno possono rammentarci questa consolante verità, le due colonne a cui aggrapparci nella tempesta, come vide in sogno don Bosco.

E a questa Madre deve tornare il nostro tempo, tempo in cui le coscienze sono a tal segno annebbiate che non sanno quasi più distinguere il bene dal male. A lei fu affidata la prima generazione di cristiani, a lei è affidata in modo altrettanto speciale l’ultima, cosi come accudì il Figlio nelle fasce da neonato e in quelle della salma senza vita. Alla sua consacrazione, al suo onore, sono legate le sorti del mondo ad un passo dal baratro: come un bambino che sa di aver commesso qualcosa di troppo grave, teme lo sguardo del padre che immagina severo e irato, così noi pure ricusiamo la conversione, ottenebrati dalla coscienza di una condotta troppo sporca. Solo alla più tenera delle madri, tutta pietà e dolcezza, non è possibile sfuggire: il suo cuore materno non può non inseguirci instancabile, fino a quando non ci avrà messo al sicuro sotto il suo manto celeste.

Il figlio, infatti, riconosce d’istinto la propria madre, in modo primordiale, senza l’ausilio di una particolare consapevolezza: “sa” che la voce, l’odore che avverte sono quelli che lo hanno generato. Così anche spiritualmente: perfino l’uomo più impantanato nel peccato, tanto da aver perso la più elementare bussola verso la “diritta via”, avverte inconsciamente il richiamo della propria Madre, Colei che si china su ogni fonte battesimale per accogliere ogni novello cristiano. Neppure la peggiore delle corruzioni può spezzare questo vincolo indissolubile: si è madri e figli per sempre, a prescindere dal comportamento. La stessa Eva era ugualmente madre di Abele (figura di Cristo) quanto di Caino (figura dei peccatori di tutti i tempi).

Possa il mondo vedere al più presto il giorno in cui non si temerà più di togliere a Gesù qualcosa esaltando Maria. Possa venire, ancora una volta, la salvezza dalla sua intercessione, dal suo guardare costantemente il cielo e nel contempo tendere le mani alla terra, propiziando il renderli una cosa sola.



[1] Evidentemente la Madonna prevedeva la futura “resistenza” alle richieste.
[2] Ma lo stesso Benedetto XVI ha smentito questa teoria imbarazzante per l’intelligenza dei fedeli, in occasione della sua visita a Fatima nel maggio del 2010 ( http://www.antoniosocci.com/2010/05/dunque-il-quarto-segreto-cera/ )
[3]Non essendo materia specifica di questo scritto, si rimanda allo stringato ma esaustivo riepilogo seguente: http://www.fatima.org/it/essentials/opposed/coverupdisinfo.asp
 
 
[4]Per una confutazione delle obiezioni al dogma di Maria Corredentrice:http://www.preghiereagesuemaria.it/libri/maria%20corredentrice.htm
[5] Pensiamo alla morte di Pio XII, occasione in cui la veggente viene altresì edotta circa il successore che avrebbe dovuto proclamare il dogma.

 


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